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Niente Paura
Pandemic Fatigue: una stanchezza mentale che può abbassare la percezione del rischio, ma i modi per combatterla esistono
Pandemic Fatigue: una stanchezza mentale che può abbassare la percezione del rischio, ma i modi per combatterla esistono

Ci si sente sempre più stanchi. Ma è una stanchezza più mentale che fisica, che toglie motivazione ed erode la speranza. La pandemic fatigue, la stanchezza pandemica, è un fenomeno difficile da descrivere, ma in buona sostanza potrebbe essere riassunto da questa semplice frase: le persone fanno fatica a seguire le regole del distanziamento o il fatto di dover indossare spesso la mascherina. Non perché siano stufe, ma per una stanchezza fisica e mentale sempre più presente, che dipende da diversi fattori, ma che certamente si può superare con i giusti strumenti.

Questo atteggiamento in realtà non deve sorprendere: di fronte a una crisi di una certa gravità, la maggior parte delle persone cerca di attivare un meccanismo di adattamento per sopravvivere al forte stress. Rimanere chiusi in casa, non poter più andare a scuola o a lavoro e la grande incognita del virus, sono tutti eventi molto stressanti. Lo stress è gestibile nel breve periodo, ma se la situazione critica si protrae per lungo tempo, la percezione della minaccia (il virus) inizia a diminuire: le persone si abituano all’esistenza dell’infezione, e percepiscono sempre meno il rischio di contrarre l’infezione. Allo stesso tempo, aumenta l’intolleranza verso le continue restrizioni e i costi di queste privazioni possono sembrare più alti rispetto a quelli di contrarre l’infezione.1

Una questione di motivazione?2
Gli esseri umani hanno una notevole capacità di realizzare un compito che non hanno mai svolto prima e di pianificare ed eseguire le azioni necessarie per farlo. Ad esempio, la maggior parte di noi probabilmente non aveva mai indossato una mascherina chirurgica prima di febbraio 2020. Ma una volta compreso il ruolo strategico di questo dispositivo nell’arginare la diffusione del virus, tutti abbiamo iniziato a indossarlo. Non ci sono volute centinaia di prove di addestramento per apprendere questo comportamento, o migliaia di anni di evoluzione. Gli esseri umani hanno una capacità di collegare concetti astratti, idee, regole e conoscenze al proprio comportamento a una velocità tale che nessun’altra specie li può eguagliare e nessuna intelligenza artificiale è in grado di emulare.
Possiamo farlo grazie al controllo cognitivo, vale a dire quella serie di abilità mentali che ci consentono l’attivazione di strategie appropriate e l’inibizione di risposte non adeguate nella vita quotidiana.
E il controllo cognitivo, come appena spiegato, funziona quando è motivato.
Quando si decide di svolgere un’attività, il nostro sistema di controllo prende in considerazione almeno due fattori: il valore che otteniamo dallo svolgere quell’attività e i costi che dovremo sostenere nel portarla a termine. Il primo è ovvio: le persone preferiscono svolgere compiti che portano ai risultati desiderati, che possono essere rappresentati da denaro, salute, compagnia o qualsiasi altra cosa apprezzino.
Sul secondo la strada si complica: al nostro controllo cognitivo interessa anche quanto sforzo mentale occorre per portare a termine quel compito che ci condurrà a quel risultato.
Pertanto, quando decidiamo di eseguire un’attività, il nostro cervello, da bravo economista, compie un’analisi costi-benefici, soppesando i nostri “guadagni” contro i nostri sforzi mentali.

La mente apprezza le regole stabili e la routine2
La vita durante la pandemia è costellata, ogni giorno, da compiti che richiedono sforzi mentali in modo continuativo. Ci adeguiamo costantemente a nuove regole e indicazioni: oggi possiamo prendere il caffè al bancone del bar, domani no. Oggi possiamo andare a visitare i nostri cari fuori regione, domani no.

Tutto questo richiede un controllo cognitivo costante e intenso, per pianificare nuovi comportamenti e monitorare ciò che stiamo facendo in ogni fase del percorso. E per molte persone, a questo sforzo mentale si aggiungono quelli del multitasking che impongono di dedicare l’attenzione a lavoro, bambini e altre priorità. Tutto in una volta. Tutto insieme. E questo sovraccarico di obbiettivi e aspettative può essere stancante, difficile da sopportare.

Strategie per coinvolgere le persone1
Per questo motivo, qualche mese fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha scritto un report, “Pandemic fatigue. Reinvigorating the public to prevent Covid-19”, che suggerisce alcune strategie per mantenere e rinnovare l’adesione del pubblico alle norme di sicurezza anti-Covid-19.

Il documento descrive quattro percorsi che i governi possono seguire per mantenere alta l’adesione alle raccomandazioni sulla prevenzione del contagio:
1) conoscere e comprendere le persone: capire che cosa si cela dietro questa demotivazione è il primo passo per risolverla
2) rendere le persone parte della soluzione: coinvolgere la popolazione, in modo da far comprendere quanto sia importante il comportamento individuale per il benessere della comunità
3) aiutare le persone a vivere in questa nuova normalità: la popolazione ha bisogno di tornare alla vita di tutti i giorni, il messaggio quindi deve trasformarsi da “non fare” a “fare in modo differente”
4) affrontare il disagio delle persone: la stanchezza causata dal periodo può essere affrontata favorendo atteggiamenti resilienti e cercando di alleviare le difficoltà attraverso un sostegno economico, sociale, emotivo e culturale.


1 Pandemic fatigue: che cos’è e come contrastarla - Centro Regionale di documentazione per la promozione della Salute
https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3487

2 How We Can Deal with ‘Pandemic Fatigue’ – Scientific American
https://www.scientificamerican.com/article/how-we-can-deal-with-pandemic-fatigue/

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