
Ormai quotidianamente sentiamo parlare di cambiamenti climatici, animali in via di
estinzione, intere foreste
in fumo e biodiversità a rischio. Dai telegiornali a Internet sono tante le notizie,
spesso poco confortanti, che ci
raccontano un pianeta sempre più allo stremo. Sono poche invece quelle che raccontano le
storie di uomini e
donne che lottano da anni per l’ambiente, con tenacia e determinazione, nonostante
l’indifferenza di molti che
non rinunciano a uno stile di vita ormai non più praticabile.
Ascoltando i racconti di questi “eroi silenziosi” è giusto chiedersi: cosa potremmo fare
tutti noi per salvare il
nostro pianeta? Tanto, anche piccoli gesti quotidiani fanno la differenza.
I protagonisti delle storie che riportiamo sono cittadini comuni, eppure hanno vinto il
Goldman Environmental
Prize, un vero e proprio premio Nobel per l’Ambiente che, dal 1990, è assegnato ogni anno
a un attivista per
ognuna delle sei regioni geografiche del mondo.
Ecco i loro nomi e le loro storie:
Gloria Majiga-Kamoto (Africa). Si è battuta contro l’inquinamento della plastica in Malawi
e nel 2017 ha
fondato un movimento a favore dell’abolizione della produzione di plastica sottile, un
tipo di plastica monouso.
Dopo due anni, l’Alta Corte del Malawi ha emanato il divieto di produzione, importazione e
utilizzo di questo
prodotto.
Thai Van Nguyen (Asia). Ha difeso la fauna selvatica dal bracconaggio, fondando Save
Vietnam’s Wildlife che
tra il 2014 e il 2020 ha salvato più di 1.500 pangolini (mammiferi a rischio estinzione
per la caccia illegale),
smantellato più di diecimila trappole per animali, confiscato armi da fuoco e portato
all’arresto di moltissimi
bracconieri. Grazie a lui si sono ridotte sensibilmente le attività illegali nel parco
nazionale di Pu Mat, la
principale riserva faunistica del Vietnam.
Kimiko Hirata (Stati insulari). Da anni lotta per la riduzione dell’emissione di CO2.
Grazie alla sua attività è
riuscita ad arrestare le aperture di nuove centrali energetiche a carbone, in Giappone,
che avrebbero rilasciato
nell’ambiente più di 1,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (quanto quella
emessa in quarant’anni da
7,5 milioni di automobili).
Maida Bilal (Europa). Se in Bosnia scorrono ancora fiumi incontaminati è proprio grazie a
lei. Nel 2018 ha
protestato insieme ad altre donne del suo villaggio per più di 500 giorni contro la
costruzione di due nuove
dighe che avrebbero contaminato parecchi km di acque ancora limpide.
Sharon Lavigne (Nord America). Con tenacia e ostinazione nel 2019 ha fermato la
costruzione di un nuovo
impianto per la produzione della plastica lungo le rive del Mississippi, in Louisiana.
Un’operazione che avrebbe
fruttato miliardi di dollari, ma che avrebbe riversato nel fiume litri e litri di rifiuti
tossici. Grazie al suo
movimento e alle sue proteste pacifiche è riuscita a vincere la battaglia.
Liz Chicaje Churay (America centro-meridionale). Grazie a lei è nato in Perù il Parco
nazionale Yaguas, un’area
protetta che ospita più di 2 milioni di acri della foresta amazzonica. L’obiettivo è
salvaguardare la foresta, le
specie selvatiche rare e i popoli indigeni che abitano nella regione di Loreto.